Tre anni fa c’era stata la mostra-evento “Shit and die” con la curatela di Maurizio Cattelan e l’artista padovano aveva sottolineato come Torino avesse tutte le potenzialità per diventare uno dei maggiori centri europei per l’arte contemporanea. Oggi questo potenziale sembra ancora presente, ma non ancora pienamente realizzato. Il tempo nella capitale sabauda è trascorso in questi anni tra luci ed ombre; in un eterno dualismo, la minacciosa concorrenza di Milano ha potuto contare sull’inaugurazione della Fondazione Prada nel 2015 e su edizioni di Miart in costante miglioramento.

Il weekend di Artissima resta una straordinaria occasione per fare sistema e presentare al meglio Torino agli occhi del mondo. La città continua ad essere splendida e a suscitare autentico stupore in chi la scopre per la prima volta.

Per quanto riguarda la fiera di Artissima in sé, si va ad annate come per le vendemmie e quest’edizione non è sembrata memorabile. Probabilmente la nuova direttrice Ilaria Bonacossa aveva bisogno di un po’ di rodaggio ed il suo lavoro andrà meglio giudicato il prossimo anno. Anche se è nata forse come una specie di risposta a Wopart Lugano, è stata interessante la nuova sezione dedicata ai disegni, in particolare lo spazio di Lia Rumma con le opere di Vanessa Beecroft e la bellissima serie di Gary Kuehn portata da Häusler Zurigo. Una menzione particolare alla personale che Studio Dabbeni Lugano ha dedicato al compianto, immenso talento di Luciano Bartolini nella sezione Back to the Future.

Con gli splendidi, enormi spazi delle Officine Grandi Riparazioni, Torino pare aver trovato una sede per ospitare opere di grande impegno e notevoli dimensioni, così come avviene da diversi anni a Basilea con Unlimited. La mostra “Come una falena alla fiamma”, co-curata da prestigiose firme internazionali quali Tom Eccles, Mark Rappolt e Liam Gillick, ha attinto dalle collezioni pubbliche e private torinesi creando un percorso di forte impatto, che ha valorizzato, in mezzo a tanta arte contemporanea molto in voga, anche un grande del passato di casa nostra del calibro di Pinot Gallizio.

Le OGR nel Weekend dell’arte torinese

La sezione della mostra ospitata alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è apparsa molto più debole e trascurabile ed anche la personale di Sanya Kantarovsky non è riuscita a risollevare una proposta che quest’anno è stata in tono minore rispetto ai pugni nello stomaco inferti lo scorso anno dalle mostre di Ed Atkins e Josh Kline. A questo proposito, anche l’offerta della GAM è stata deludente rispetto alla grande mostra dedicata a Carol Rama l’anno scorso.

Le fiere di contorno come The Others e Flashback rimangono delle incompiute. La prima ha confermato il fatto che lo spazio espositivo è quasi sempre più incisivo delle opere che ospita, ma va comunque riconosciuto che nel complesso si è trattata di un’edizione più felice, con diversi miglioramenti organizzativi rispetto all’anno passato. Flashback deve ancora crescere per puntare ad essere l’equivalente torinese di Frieze Masters, ma è da apprezzare la scelta di un tema come filo conduttore, declinato in uno stimolante ciclo di incontri e conferenze.

Nella notte dell’arte contemporanea di sabato 4 novembre, si sono concentrati in un circoscritto spazio dietro Piazza Vittorio ben tre eventi che sono da ricordare.

Innanzitutto, la personale di Rosanna Rossi alla Galleria Res Publica ha riportato a Torino molti anni dopo l’ultima mostra da Salzano una grande artista che ha fatto le ricerche giuste negli anni giusti, ma è stata penalizzata dal mercato in quanto donna che ha continuato a vivere ed operare in Sardegna.

Rosanna Rossi e alcuni alumni del Master nel mercato dell’arte organizzato dall’Università di Zurigo

Roberto Brunelli ha curato per Biasutti una collettiva dedicata alla generazione di artisti italiani nati negli anni ’60 e giunti a maturazione artistica negli anni ’90, compiendo una ricognizione sullo stato attuale delle loro ricerche. Messi spesso in ombra da artisti di chiara fama della stessa generazione come Cattelan e Beecroft, vanno invece assolutamente riconsiderati.

Alla medesima leva appartengono anche Botto&Bruno, sodalizio artistico torinese che ha presentato da Alberto Peola un nuovo ciclo di lavori molto interessante, dove una rinnovata tecnica di collage e successivi strappi crea visioni caotiche e rumorose del paesaggio urbano contemporaneo.

Botto&Bruno da Alberto Peola

L’auspicio per l’anno prossimo è che ci sia uno sforzo comune per fare ancora meglio e con più coraggio, convinzione e mezzi, cercando di non abbassare la guardia e di mantenere le aspettative. Con la collaborazione di tutti e abbattendo ancora qualche steccato, Torino potrebbe affermarsi ulteriormente come capitale dell’arte contemporanea.

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