L’opera Gestazione del nostro Andrea Cereda sarà collocata nella Chiesa di San Biagio a Tregasio di Triuggio (MB) dal 23 settembre al 12 novembre 2017.
L’installazione site specific, inserita nel progetto animaminimaCONTEMPORANEA, è stata collocata nella chiesa medievale perché l’amministrazione comunale – dopo il restauro – intende promuovere questo antico luogo sacro come spazio espositivo d’arte moderna e contemporanea.
Così racconta Vittorio Raschetti, uno dei curatori e critici dell’Associazione Culturale Streetartpiu di cui si avvale l’Amministrazione di Triuggio per portare avanti il progetto: «Un’opera che evoca il senso della nascita biologica e cosmica, attraverso l’impiego di una forma archetipica, allo stesso tempo intuitiva e allusiva, diretta e sfuggente, esplicita perché associabile ad una forma naturale come quella ovoidale, ma anche misteriosa per
le sue dimensioni, per la sua apparizione improvvisa e inspiegabile al centro di uno spazio geometricamente definito. Una sorta di meteorite piovuto dal cielo, una entità biologica e mitologica allo stesso tempo, una sfinge che ci interroga sul senso del tempo, sull’origine dell’esistenza. Ma anche un esoscheletro vuoto, il resto di un processo di gestazione compiuto, una sorta di placenta abbandonata dopo essere servita a nutrire la vita.
In questa installazione site-specific l’artista cerca la sintesi plastica perfetta, la forma concreta di matrice organica più in grado di evocare lo spirito allo stesso tempo naturale e metafisico dell’origine, l’accadere inesorabile ma anche inatteso del miracolo ontologico della nascita, preparata da una lenta, paziente, sacrificale gestazione.

I materiali impiegati sulle superfici dell’opera, il loro ritmo di ondulazioni imperfette, la loro tessitura sofferta conferiscono un tratto esistenziale, ma anche artificiale, quasi meccanico ad una forma di ispirazione organico-biologica, questa contrapposizione ci invita a pensare alla incubazione e alla gestazione della vita non come un fenomeno naturale e sempre uguale a se stesso, ma ad un processo post-umano, forse alchemico, quasi faustiano, di creazione. La gestazione è un processo di metamorfosi non solo biologica, ma anche una mutazione antropologica, insieme tecnica e culturale, un dispositivo per la costruzione dell’individuo, una tecnologia dell’umano.
Il cordone ombelicale è una presenza che sopravvive alla gestazione in una memoria più persistente della sua stessa funzione come simbolo del rapporto inestinguibile, della provenienza dalla unione simbiotica con la madre. La forma ovale non si riferisce solo al microcosmo dell’individuo umano, ma si riferisce anche al macrocosmo dell’origine dell’universo. Proprio perché retroattivo, si tratta di un percorso paradossale, una regressione sino ai confini siderali dell’origine, fino alle province più remote dell’identità prenatale. Il recupero della scatola nera personale, ammaccata, che contiene le registrazioni dei dati essenziali del tragitto esistenziale, le cause di quell’incidente mortale che è sempre la vita. Regredire fino al punto zero, implodendo in un viaggio a ritroso fino alla soglia dell’origine, avvolti nella protezione amniotica, nella inconsapevolezza immemore, per ritrovarsi nell’oblio, dimenticarsi della propria consistenza individuale e sottrarsi a qualsiasi dovere di essere. Smarrirsi volontariamente nella materia inconscia. Un autoreverse esistenziale che riporta all’antecedente di qualsiasi ricordo. Si comincia a fondare se stessi solo sprofondando nella latenza protettiva di un sonno amniotico nel grembo, dove i rumori sono solo fantasmi acquatici di vaghe vibrazioni inconseguenti, tra umori e colori indecifrabili.
L’installazione è stata concepita a partire da una suggestione del genius loci della struttura architettonica dello spazio espositivo, il suo impianto geometrico a pianta quadrata entra in relazione simbiotica, in perfetto dialogo con l’opera, dove il rapporto tra la base quadrata dello spazio e la forma sferica della scultura ortogonale assume una valenza che non si esaurisce in un semplice equilibrio visivo, ma si assume il compito di alludere ad uno spazio simbolico di misterico pitagorico. La geometria perde così il suo carattere puramente costruttivo e si apre ad una dimensione evocativa, gnostica ed esoterica. L’origine dell’umano passa attraverso un soffio vitale, una nascita attraverso un respiro, allo stesso modo la struttura concepita dall’artista sembra costituire un’enorme cassa di risonanza dove un suono originale, dove una musica primordiale può risuonare in un’eco che riverbera all’interno alimentando il mantra originario, il suono ipnotico personale capace di durare all’infinito, la nota con cui la memoria della voce interna accoglie il sorgere della coscienza trascendentale. Si entra nella vita, senza bussare, senza essere pronti, in una cascata di acque, costretti a spingere aria nei polmoni, chiedendosi: “dove siamo quando entriamo nel mondo?“».
L’esperienza con Res Publica
Andrea Cereda è uno degli artisti emergenti di punta della nostra galleria.
Gli abbiamo dedicato un’interessante personale a nell’estate 2015 nella nostra precedente location espositiva a Venaria Reale.
Per rivedere il video girato il giorno dell’inaugurazione cliccare qui
Grazie a Vittorio Raschetti e Felice Terrabuio per avermi voluto in questo progetto, all’Amministrazione Comunale di Triuggio, a Alessandro Cacciola e Mariasole Vadalà di Res Publica e a Monica Villa di VillaContemporanea per la loro fiducia ed attenzione verso il mio lavoro.
Un vero piacere averti tra i nostri artisti!